Esperimento di verifica della Compressione Elettrochimica dell’Idrogeno utilizzando un Catodo di Palladio

Stesura del Report in data: 23/12/2013
Pubblicazione: 24/12/2013
Revisione 1: 04/01/2014

 Premessa

Da molti anni è in atto una discussione sul tema se sia possibile o meno utilizzare un Catodo di Palladio per trasferire l’Idrogeno, prodotto sulla sua superficie durante elettrolisi, in una cavità ricavata all’interno del Catodo stesso e in particolare se in questo modo sia possibile raggiungere pressioni ragguardevoli.

Prendendo spunto dalla cella aperta descritta dal prof. Yoshiaki Arata in un suo brevetto, il brevetto US5647970

Cella del Compressore Elettrochimico di Arata

Cella del Compressore Elettrochimico di Arata

il dott. Francesco Celani del INFN di Frascati ha realizzato alcuni anni fa un esperimento mostrando di aver raggiunto in un primo test, utilizzante un catodo in lega Palladio-Argento, la pressione di circa 4 bar e in un test successivo, utilizzante un catodo più spesso in palladio puro, la pressione di circa 45 bar.

Arata dichiara di aver raggiunto con questo sistema pressioni di molte centinaia di bar e di aver utilizzato questo sistema già negli anni ’50 per comprimere deuterio in bombole a 900 bar. Arata afferma inoltre che il sistema sarebbe in grado di raggiungere pressioni quasi illimitate se non fosse per i limiti di resistenza meccanica del catodo cavo. Anche McKubre dichiara di aver raggiunto pressioni dell’ordine di 1000 bar.

La discussione sarebbe probabilmente rimasta nell’ambito delle normali discussioni tra elettrochimici se non fosse che il dott. Celani, McKubre e Arata sono forti sostenitori della possibilità di realizzare reazioni di fusione nucleare a bassa temperatura, la cosiddetta fusione fredda.

La fusione fredda è vista dalla comunità scientifica come un esempio di scienza patologica ma scienziati di fama e persino premi Nobel sostengono che è solo la difficile replicabilità che, ancora a 25 anni dal primo celebre proclamo di Fleshman e Pons, non permette di dare quelle evidenze che il resto della comunità scientifica si aspetterebbe.

A questa data la situazione è oltremodo confusa dal momento che mentre scienziati come lo stesso Celani che si dedicano a questi studi da decenni continuano a dichiarare risultati al limite degli errori strumentali e spesso criticabili sul piano metodologico alcune ditte private sostengono di essere già giunte alla commercializzazione di apparati funzionanti e eroganti potenze di molti kW.

Mentre le dichiarazioni dei privati attendono di essere smentite o confermate dal mercato, gli scienziati che lavorano per enti governativi, quali Celani, tentano di ottenere fondi pubblici per poter proseguire la ricerca: essere sorpassati da dei privati è chiaramente uno smacco per chi ha avuto a disposizione laboratori ben attrezzati per più di 20 anni.

L’esperimento di compressione elettrochimica realizzato dal dott. Celani pur non facendo strettamente parte della ricerca nell’ambito della fusione fredda dimostrerebbe che fenomeni, la cui entità non era stata prevista dagli elettrochimici, si realizzerebbero durante l’elettrolisi con Catodi di Palladio. La dimostrazione dell’entità di tali fenomeni sarebbe stata di sostegno alla credibilità degli esperimenti di fusione fredda realizzati caricando con Deuterio il Palladio in celle elettrolitiche con modalità simili a quelle utilizzate da Fleischmann e Pons.

In particolare gli elettrochimici ortodossi, tra cui spicca il dott. Camillo Franchini (chimico nucleare), pensano che l’Idrogeno (o il Deuterio nel caso di elettrolisi di acqua pesante) che si sviluppa sulla superficie di un Catodo cavo di Palladio soggetto a elettrolisi in cella aperta, penetri in esso fino all’equilibrio termodinamico. In queste condizioni il gas non avrebbe alcuna tendenza a fluire verso la cavità interna che rimarrebbe a pressione ambiente. Gli stessi elettrochimici sostengono che piccole asimmetrie tra le due facce potrebbero generare un modesto flusso in grado di generare una sovrapressione di pochi millibar. Il dott. Franchini ritiene non impossibili pressioni di qualche bar ma in ogni caso esclude la possibilità che si possa raggiungere una sovrapressione di 50 bar come dichiarato dal dott. Celani.

Questo equivarrebbe a dire che il dott. Celani sarebbe un mentitore e avrebbe pubblicato foto e documentazione falsa allo scopo di poter mostrare dei risultati grazie ai quali poter ottenere finanziamenti per le sue ricerche; nel caso anche Arata e McKubre ovviamente sarebbero dei mentitori.

Davanti a questa situazione abbiamo proposto al dott. Franchini di tentare una replica dell’esperimento di compressione elettrochimica.

La replica è stata effettuata da due persone indipendenti a livello amatoriale, ciascuno nel proprio piccolo laboratorio.

Se si decide di effettuare una replica fedele dell’esperimento del dott. Celani il costo del solo materiale necessario ammonta a migliaia di euro. Si è deciso quindi di non realizzare una vera e propria replica, ma di realizzare un esperimento in economia (il costo totale è risultato inferiore a 100 euro) che mostrasse l’esistenza o meno del fenomeno senza la pretesa di eguagliare i risultati dichiarati da Celani o addirittura da McKubre o Arata.

Questo, unito alla scarsissima esperienza in campo elettrochimico di chi scrive, porta a dire che il test era solo in grado di confermare l’ipotesi della veridicità delle affermazioni del dott. Celani nel caso si fossero raggiunte pressioni almeno di qualche bar, ma non era in grado di confermare la falsità delle affermazioni nel caso non si fosse ottenuta alcuna sovrapressione. D’altra parte si sa che le repliche, anche se fedeli, possono confermare un risultato in caso di esito positivo, ma non possono negarlo in caso di esito negativo. Possono solo metterlo ulteriormente in dubbio.

Breve riassunto dell’attività di sperimentazione

Il test si è svolto complessivamente nel periodo che va dal 6 settembre al 23 dicembre 2013.

Si è prima verificato che il Catodo di Palladio presentasse tenuta ermetica all’aria compressa (8 bar) e che presentasse la permeabilità all’Idrogeno prevista in letteratura immettendo H2 da una bombola esterna.

Si è tentata la realizzazione della prima cella secondo il progetto originario, con un manometro da 16 bar direttamente fissato al Catodo cavo. Non avendo misurato alcuna sovrapressione si è passati alla verifica della presenza di un flusso di gas mediante tubetto immerso a piccolissima profondità in acqua.

Sono poi state realizzate varie soluzioni di celle elettrolitiche con diversi tipi di Anodi e elettrolita verificando la presenza o meno di flusso di gas con la stessa metodologia. Con la cella risultata più performante si è aumentata la profondità di immersione del tubetto di erogazione del gas fino alla profondità di 1 metro (100 mbar). In queste condizioni il flusso risultava ancora regolare.

Si è quindi ritentata la misura mediante manometro da 16 bar ma il valore di pressione raggiunto dopo 2 giorni non era in grado di spostare la lancetta dallo zero.

Il dott. Celani, interpellato, sostiene che l’utilizzo di elettrolita con ioni di Sodio o Potassio non permette di raggiungere pressioni importanti e che è tassativo l’utilizzo di composti di Stronzio o, in alternativa, di Litio. Sempre secondo il dott. Celani anche l’aggiunta di Alcool in quantità elevate favorisce il fenomeno. Secondo il dott. Celani infine anche la geometria del Catodo (molto tozzo nella presente replica, in forma di lungo tubo nell’esperimento originale) potrebbe essere causa di esito negativo.

Al momento di stendere il report finale ci si è resi conto che i dati erano spiegabili soltanto in presenza di una perdita di gas. Dal momento che la tenuta ermetica del sistema veniva testa ogni volta mediante aria compressa è venuto il dubbio che la perdita fosse presente nell’unico elemento che non veniva testato, cioè il Manometro.

Una volta smontato il Manometro (nuovo) esso ha effettivamente evidenziato una piccola perdita in una saldatura del tubo di Bourdon.

A partire dal 19/12/2013 si sono allora ripetuti i test con manometri via via di maggior fondo scala, giungendo alla fine alla ragguardevole pressione di 60 bar con una velocità di salita di circa 1.1 bar/h.

Tutte le fasi e le misure, oltre a essere documentate per via cartacea, sono documentate mediante foto e filmati.

Descrizione dei test preliminari

In Figura 1 è rappresentata la sezione del catodo di palladio previsto per il test.

Figura 1 - Progetto del Catodo

Figura 1 – Progetto del Catodo

Purtroppo per una incomprensione con il laboratorio orafo che ha eseguito il lavoro il Catodo reale fu realizzato come mostrato in Figura 2

Figura 2 - Collaudo del Catodo di Pd in acqua

Figura 2 – Collaudo del Catodo di Pd in acqua

a partire da una lamina di Palladio di dimensioni 20x10x0.4mm del peso di circa 1 grammo come mostrato in Figura 3

Lamina di Palladio 20x10mm puro al 99.9%

Figura 3 – Lamina di Palladio 20x10x0.4mm

Per prima cosa si è verificato che il Catodo non presentasse pori o perdite sul raccordo come mostrato in Figura 2. Tale test, realizzato mediante aria compressa a 8 bar e verifica di assenza di perdita per immersione in acqua, è stato realizzato (quasi) ogni volta che il sistema veniva smontato o modificato.

Non potendo confidare unicamente sulla certificazione del fornitore, attestante che la lamina utilizzata per la realizzazione del catodo fosse effettivamente di Palladio puro come dichiarato

Certificato di autenticità del Palladio

Certificato di autenticità del Palladio del fornitore

ed anche per verificare che durante le operazioni di saldatura non si fossero alterate le caratteristiche del metallo, si è deciso di misurare la permeabilità del Catodo all’idrogeno in funzione della temperatura per poterla confrontare con i dati di letteratura.

Nelle Figure 4 e 5 si vede come sono state effettuate queste misure.

La prima si riferisce a una misura con Idrogeno applicato sulla cavità del Catodo (quindi in direzione contraria a quella che genererebbe l’elettrolisi).

Figura 4 - Test con flusso di H inverso

Figura 4 – Test con flusso di H inverso

La seconda è invece con direzione del flusso concorde.

Figura 5 - Test con flusso di H diretto

Figura 5 – Test con flusso di H diretto

Per motivi di resistenza del tubo in silicone utilizzato nel secondo caso è stato realizzata a una pressione di soli 2 bar come mostrato in Figura 6, contro una pressione di circa 10 bar utilizzata nel primo caso nel quale la pressione era applicata solo al capillare in rame.

Figura 6 - Test di permeabilità con pressione 2 bar

Figura 6 – Test di permeabilità con pressione 2 bar

La portata è stata stimata misurando il tempo medio tra l’uscita di due bollicine di gas e stimando il diametro delle bollicine.

In Figura 7 sono riportati i valori ottenuti. Le durate test si riferiscono al tempo una volta raggiunte le condizioni di regime costante. I test sono stati svolti dal 6/9 al 15/9/2013.

Figura 7 - Verifica della portata

Figura 7 – Stima della portata

L’invarianza del flusso nel passare da 110°C a 150°C appare strana. Così come appare strano il basso flusso diretto; la riduzione della pressione da 10 a 2 bar avrebbe dovuto ridurre il flusso di circa 2.5 volte e non di 12 volte. Queste stranezze non emerse durante l’esecuzione dei test ma solo in sede di analisi finale sono quasi certamente da imputare a errori e eccessiva velocità dei test e hanno spinto ad effettuare un ulteriore test nel mese di dicembre.

Tale test è stato eseguito in modo pressochè identico al test a flusso inverso a 110°C. Esso è durato una settimana e ha confermato, nel campo di temperatura 20-105°C, il forte aumento di permeabilità con l’aumentare della temperatura, nonchè la sua dipendenza con la radice della differenza di pressione.

I primissimi test di compressione elettrochimica

I test veri e propri di compressione elettrochimica sono iniziati il 19 settembre.

In Figura 8 è possibile vedere il catodo completo di Manometro.

Figura 8 - Catodo completo di manometro

Figura 8 – Catodo completo di manometro

Il raccordo metallico (in ottone) collegato al palladio è stato isolato elettricamente con autoagglomerante Scotch 23 – 3M.

In Figura 9 è possibile vedere l’intera cella al primo avviamento.

Figura 9 - Cella completa al primo avviamento

Figura 9 – Cella completa al primo avviamento

La temperatura era 72°C, gli Anodi in Nichel elettrolitico, l’elettrolita NaOH circa al 1%, la corrente iniziale circa 200mA, la tensione 3V.

Successivamente sono stati aggiunti altri 2 Anodi ed aumentata la corrente a 300mA come mostrato in Figura 10.

Figura 10 - Cella con 2 Anodi e riscaldatori a resistenze

Figura 10 – Cella con 2 Anodi

Per ridurre l’evaporazione è stato aggiunto un coperchio in silicone.

Il 22/09 e il 24/09 sono stati eseguiti altri 2 test. La pressione segnata dal manometro in ogni caso indicava qualche decimo di bar a inizio test come mostrato in Figura 11, presumibilmente per la dilatazione termica del gas, poi dopo circa un’ora l’ago si riportava sullo zero.

Figura 11 - Pressione indicata ad inizio test

Figura 11 – Pressione indicata ad inizio test

Il Catodo a fine test si presentava annerito come mostrato in Figura 12.

Figura 12 - Catodo annerito

Figura 12 – Catodo annerito

Il comportamento poteva lasciar pensare a una piccola perdita nella connessione col Manometro. Per questo motivo si è deciso di misurare l’eventuale flusso di gas contro una pressione irrisoria in modo da non risentire della eventuale presenza di una microperdita collegando al Catodo un tubetto in silicone immerso in acqua in modo da evidenziare un eventuale flusso di gas.

Un test di breve durata è stato eseguito il 25/09 come mostrato in Figura 13 alla temperatura di circa 60°C.

Figura 13 - Test a gorgogliamento

Figura 13 – Test a gorgogliamento

Il test è stato ripetuto il 26/09 con una durata di 4 ore e 20 minuti e temperatura in crescita da 21 °C iniziali fino a 82°C finali senza rilevare alcuna bolla.

L’annerimento del catodo a fine test del 24/09 e l’assenza di flusso di gas ha portato a pensare a un fenomeno di avvelenamento. Gli ioni in grado di avvelenare il catodo potevano provenire dall’Anodo e/o dall’elettrolita. Per questo si è deciso di sostituire gli Anodi di Nichel con Anodi in Carbone (prelevati da pila a secco e poi spurgati) e ridurre drasticamente il volume della cella in modo da ridurre il volume dell’elettrolita da circa 1 litro a 25cc come mostrato in Figura 14.

Figura 14 - Cella di volume ridotto a 25cc

Figura 14 – Cella di volume ridotto a 25cc

Si è inoltre deciso di utilizzare come elettrolita una soluzione a bassa concentrazione (circa 0.1%) di Carbonato di Potassio come mostrato in Figura 15, perchè l’NaOH utilizzata fino a quel momento aveva purezza incognita.

Figura 15 - Carbonato di Potassio

Figura 15 – Carbonato di Potassio

Il nuovo elettrolita presentava una quantità di metalli non alcalini e quindi in teoria in grado di avvelenare il Catodo pari a circa lo 0.001% corrispondenti, nella nuova cella, a una quantità pari a soli 2 microgrammi. Si è poi utilizzata acqua Bi-distillata con conducibilità inferiore a 0.1 microsiemens al cm come mostrato in Figura 16.

Figura 16 - Acqua Bi-distillata

Figura 16 – Acqua Bi-distillata

Si è inoltre deciso di ridurre di circa 10 volte la corrente anodica in modo da avere una densità di corrente sul Catodo di circa 10mA/cm2.

Prima di iniziare i test con la nuova cella si è effettuato un test di permeabilità mediante bombola di Idrogeno a 2 bar come già indicato in precedenza.

Il 6/10 è stato effettuato il primo test con la nuova cella come mostrato in Figura 14.

La cella era riscaldata a circa 73°C mediante filo in Costantana avvolto sull’esterno del contenitore in vetro. Il test è durato 4 ore e 40 minuti di cui circa 2 ore a temperatura stabilizzata a 72.5°C+/- 1. La tensione applicata era di 4.4V, la corrente 30mA.

Nella fase di salita della temperatura si aveva una bolla ogni 10 minuti; nella fase stabile la frequenza è aumentata a una bolla ogni 6 minuti per poi ridiscendere a una bolla ogni 12 minuti a fine test.

Il test è stato replicato il 7/10 a una temperatura di 62°C per una durata di 3 ore e 30 minuti di cui 2 ore e 15 minuti a temperatura stabilizzata a 62°C +/- 0.5. Nel periodo a temperatura stabile la frequenza delle bolle è stata in media una ogni 18 minuti.

In Figura 17 è visibile la bolla in formazione.

Figura 17 - Bolla di H in formazione

Figura 17 – Bolla di H in formazione

Poichè i test con anodi di Carbone a fine prova presentavano l’elettrolita e il Catodo completamente anneriti come mostrato in nelle Figure 18 e 19.

Figura 18 - Elettrolita annerito

Figura 18 – Elettrolita annerito

Figura 19 - Catodo annerito

Figura 19 – Catodo annerito

Il 9/11 il catodo è stato scartavetrato fino a renderlo nuovamente lucido ed è stato montato il manometro direttamente sul catodo e effettuato un test a 55°C, 20mA, 5.1V utilizzando 4 anodi in Nichel come mostrato in Figura 20.

Figura 20 - Anodi di Nichel

Figura 20 – Anodi di Nichel

La durata del test è stata di 2 ore e 15 minuti senza rilevare alcuna sovrapressione.

Si sono allora rimontati gli anodi in Carbone, pulito il Catodo mediante piccola mola lasciandolo collegato al Manometro. Il test è stato eseguito a 6V, 30mA, 58°C ed ha avuto una durata di 11 ore e 30 minuti e non ha evidenziato alcuna sovrapressione tranne come al solito all’inizio della prova.

Si è allora deciso di rinunciare all’utilizzo del Manometro e tornare al tubetto immerso in acqua.

Nei giorni 1/11 e 2/11 è stato eseguito un test della durata di circa 14 ore utilizzante come contenitore per la cella un piccolo contenitore in Acciaio inox utilizzato come Anodo, come mostrato in Figura 21.

Figura 21 - Anodo in acciaio inox AISI304

Figura 21 – Anodo in acciaio inox AISI304

Nel giorno precedente il contenitore era stato “spurgato” utilizzandolo come Anodo con Catodi di Carbone per molte ore. Il test è stato eseguito a 30V, 40mA, 60°C. I risultati sono stati poco incoraggianti e si è deciso di abbandonare la strada dell’Anodo in inox.

Il giorno 10/11 si è realizzato un test utilizzante nuovamente il contenitore in vetro ma l’Anodo è stato realizzato mediante Plastica conduttiva.

In quel giorno si è sostituito il tubo di uscita del gas che era in silicone con un capillare in Rame. Il test è durato 1 ora e 50 minuti, la corrente era di 10mA, la tensione 30V, la temperatura iniziale 50°C, finale 56°C. La frequenza media delle bolle è stata una ogni 10 minuti.

La bassa corrente e l’elevata tensione erano dovute alla bassa conducibilità dell’Anodo in Plastica conduttiva.

I primi test di compressione elettrochimica con la cella definitiva

Si è deciso di adottare l’anodo in filo di Platino come nel test originale di Celani.

In Figura 22 si possono vedere il Catodo ripulito mediante mola e il filo in Platino da 0.25mm di diametro, 15cm di lunghezza.

Figura 22 - Catodo con capillare e filo di Platino

Figura 22 – Catodo con capillare e filo di Platino

In Figura 23 si può vedere l’insieme di Catodo e Anodo.

Figura 23 - Catodo e Anodo montati

Figura 23 – Catodo di Pd e Anodo di Pt montati

Il 24/11 è stato eseguito il primo test con Anodo in Platino, elettrolita Carbonato di Potassio allo 0.1%, corrente 30mA, tensione 4.5V, temperatura 70°C. Il test è durato 12 ore e 30 minuti e non ha evidenziato alcuna bolla.

Il 25/11 il Catodo è stato nuovamente pulito con mola ed è stato iniziato un nuovo test (quasi) ininterrotto che si è protratto fino al 1/12. Le condizioni iniziali erano simili a quelle del 24 e all’inizio nelle prime 3 ore si sono evidenziate bolle a intervallo di circa 3 minuti. Poi le bolle sono scomparse. L’elettrolisi è continuata spegnendo il riscaldamento e abbassando la corrente a 10mA durante la notte.

Il 29 è stata interrotta l’elettrolisi per pochi minuti e diluita la concentrazione dell’elettrolita di circa 6 volte allo scopo di poter lavorare con tensioni più elevate. Celani infatti lavorava con tensioni molto elevate. La motivazione per lavorare a tensioni elevate è quella di garantire un campo elettrico uniforme attorno al catodo in modo che su tutta la sua superficie si abbia un uniforme sviluppo di Idrogeno. Se si utilizza una tensione molto superiore a quella necessaria dal punto di vista elettrochimico l’eccesso cade nello spazio tra Anodo e Catodo. L’elettrolita in questo modo funge da resistore di ripartizione garantendo una densità di corrente sul catodo pressochè uniforme anche se l’anodo è costituito da un semplice filo posto attorno al Catodo a breve distanza. La diluizione dell’elettrolita in oltre porta all’ulteriore vantaggio di ridurre la quantità di elementi disciolti in grado di avvelenare il Catodo.

Le condizioni finali erano: 10V, 30mA, 69°C. Le bolle comunque risultavano assenti ma non si è interrotta l’elettrolisi. Il 30/11 si è arrestato il sistema per pochi minuti per procedere a nuova molatura del Catodo. Si è poi ripreso il test. Le bolle sono subito riprese al ritmo di una ogni 3 minuti. Si è aumentata la corrente a 50mA (14.7V, 67°C) e il ritmo delle bolle è aumentato a una ogni 2 minuti. Le bolle in uscita dal capillare in Rame, a causa del diametro notevolmente inferiore, presentano un volume più piccolo rispetto a quelle che si formavano col tubo in silicone. Il volume stimato di una bolla è di circa 0.02 cm3.

Durante le notti il riscaldamento veniva spento per ridurre il rischio che il Catodo si scoprisse per evaporazione dell’elettrolita. Una volta al giorno veniva aggiunta acqua distillata per reintegrare quella evaporata.

Il giorno 1/12 si è proceduto ad una osservazione quasi continua delle bolle emesse dalle ore 10 alle ore 19. Durante tale periodo è stato man mano aumentato il livello dell’acqua del recipiente nel quale era immerso il tubo di uscita del gas, fino a raggiungere il livello di 1 metro come mostrato in Figura 24.

Figura 24 - Gorgogliamento dell'Idrogeno con 1 metro di battente

Figura 24 – Gorgogliamento dell’Idrogeno con 1 metro di battente

Alle ore 15:30, senza arrestare il sistema, il tubo capillare è stato tagliato e immerso nuovamente in acqua. Questa operazione fu eseguita per preparare il sistema all’inserzione del manometro senza sospendere l’elettrolisi.

Si ritiene che, a causa della piccola dimensione delle bolle che avevano tempo di formazione e salita in superficie brevissimo, molte bolle non siano state rilevate. In ogni caso la frequenza delle bolle era dell’ordine di una ogni 3 minuti. Alle ore 18:50 si è proceduto a nuova molatura del Catodo e fino alle 21:10 non si è assistito più ad alcuna emissione di bolle. Nella notte il riscaldamento è stato spento e l’elettrolisi è continuata, come nelle notti precedenti, a 10mA.

Il giorno 2/12 il riscaldamento è stato riacceso alle 11:45 e la corrente riportata a 25mA.

Alle ore 14:30 l’emissione di bolle era regolare, una ogni 45 secondi.

Si è deciso quindi di montare nuovamente il Manometro. Appena montato, a causa della compressione dell’aria all’interno durante l’avvitamento, la pressione indicata dal manometro era di 0.5 bar come mostrato in Figura 25.

Figura 25 - Pressione iniziale 0.5 bar

Figura 25 – Pressione iniziale 0.5 bar

Il sistema è stato lasciato in funzionamento continuo, compreso il riscaldamento, anche durante la notte fino alle ore 20:00 del 3/12. La pressione indicata era zero.

Si è allora nuovamente molato il Catodo. Per maggiore sicurezza contro microperdite si è aggiunta pasta sigillante sul filetto del raccordo (la cui tenuta era in precedenza garantita da OR). Il Manometro, appena avvitato, segnava nuovamente 0.5 bar. Il test è stato ripreso e interrotto definitivamente alle ore 12:15 del 4/11 con il manometro che segnava zero come mostrato in Figura 26.

Figura 26 - Pressione nulla

Figura 26 – Pressione nulla

A partire dal 8/12 è iniziata una nuova verifica della permeabilità in funzione della temperatura con allestimento uguale a quello già utilizzato in settembre.

All’inizio del test si è utilizzato il Catodo come uscito dai precedenti test di elettrolisi. Il Catodo uscito dai test elettrolitici mostrava una permeabilità molto ridotta. La pulizia mediante mola effettuata sulla superficie esposta all’elettrolita non ha migliorato il risultato. Stranamente la pulizia mediante microfresa della superficie interna, quella cioè lato manometro, ha ripristinato una buona permeabilità. Questa superficie appariva, prima della pulizia, annerita e incrostata. Probabilmente il responsabile era il Cianocrilato presente nella pasta usata come sigillante, per cui da quel momento si è rinunciato al suo utilizzo.

Il giorno 14/12 si è voluto verificare che il flusso dipendesse dalla radice della differenza di pressione tra le facce. Alla fine si è effettuata una verifica della tenuta perfetta del Catodo mediante aria compressa per eliminare il dubbio che il flusso fosse dovuto a un microporo.

Da questi test con bombola si è potuto verificare che il flusso di Idrogeno attraverso una superficie di Palladio è legato a pressione e temperatura dalla seguente espressione:

Q = Q0 (P/P0)0.5 2^[(T-T0)/10]

Grafico del Flusso di H in funzione della Temperatura

Grafico del flusso di Idrogeno in funzione della Temperatura

Questo ci dice che per avere lo stesso flusso occorre lavorare con una pressione a 30°C circa 250 volte superiore che a 70°C.

La sera dello stesso giorno si è deciso di verificare l’andamento del flusso dal momento dell’interruzione della pressione di Idrogeno. Per fare questo il capillare è stato disconnesso dalla bombola e collegato ad aria compressa alla pressione (media) di 6 bar. Come atteso il flusso è continuato per molte ore riducendosi via via fino ad azzerarsi dopo circa 18 ore. L’assenza di bolle per le successive 10 ore indicava una perfetta tenuta pneumatica del catodo.

Nei giorni 16, 17, 18 dicembre si è ripetuta la misura di flusso con bombola di Idrogeno.

I test finali di compressione elettrochimica

Il giorno 19 dicembre si è verificato che il Manometro era difettoso come mostrato in Figura 27

Figura 27 - Manometro difettoso

Figura 27 – Manometro difettoso

e si è deciso di ripetere un test di elettrolisi utilizzando un nuovo Manometro da 250mbar fondo scala come mostrato nelle Figure 28, 29 e 30.

Figura 28 - Manometro da 250mbar ad inizio tets

Figura 28 – Manometro 250mbar ad inizio tets

Figura 29 - Manometro da 250mbar a metà test

Figura 29 – Manometro 250mbar a metà test

Manometro a 250mbar a fine test

Figura 30 – Manometro a 250mbar a fine test

Il test è stato realizzato il giorno 20 dicembre alla temperatura di 43°C, 25mA, 12.5V e il fondo scala del Manometro è stato raggiunto in meno di 3 ore.

E’ stato allora sostituito il Manometro con uno da 10 bar fondo scala. Sul Catodo non è stata eseguita alcuna operazione di pulizia, ma solo rifatto lo strato isolante in autoagglomerante che necessariamente deve essere tolto per poter sostituire il manometro. L’andamento del test è mostrato nelle Figure 31, 32, 33 e 34.

Figura 31 - Manometro 10bar a inizio prova

Figura 31 – Manometro 10 bar a inizio prova

Figura 32 - Manometro 10 bar durante  la prova

Figura 32 – Manometro 10 bar durante la prova

Figura 33 - Manometro 10 bar sotto test

Figura 33 – Manometro 10 bar sotto test

Figura 34 - Manometro 10 bar un'ora dopo lo spegnimento

Figura 34 – Manometro 10 bar un’ora dopo lo spegnimento

In Figura 35 è visibile l’insieme Catodo-Anodo a fine test.

Figura 35 - Insieme Catodo-Anodo dopo la prova 10 bar

Figura 35 – Insieme Catodo-Anodo dopo la prova a 10 bar

Le condizioni del test erano le seguenti: 47°C, 25mA, 12.5V. Il fondo scala del Manometro è stato superato dopo circa 20 ore e la velocità di salita è scesa da circa 0.7 bar/h iniziali a circa 0.4 bar/h finali). L’elettrolisi è stata interrotta col manometro che indicava 10.2 bar.

Il Catodo è stato lasciato immerso per vedere il comportamento del sistema. La pressione è continuata a salire per circa 40 minuti, portandosi a 10.5 bar, poi si è arrestata e dopo più di un’ora appariva invariata. Il gas non sembrava tornare verso l’elettrolita, ma ciò poteva essere dovuto a due fattori: tempo di attesa troppo breve, aria presente all’interno della cavità del catodo. Il primo motivo è chiaro: forse attendendo tempi molto più lunghi il fenomeno del flusso inverso sarebbe iniziato.

Il secondo motivo è dovuto al fatto che all’interno del catodo non viene effettuato il vuoto prima dell’inizio del test, per cui all’interno rimane circa 1-1.5 cc di aria. Dal momento che l’aria ha densità maggiore e il Catodo è montato a testa in giù, l’aria presente si accumula proprio nella cavità del catodo mentre l’idrogeno rimane al di sopra, nello spazio del raccordo e all’interno del tubo di Bourdon del Manometro. Dal momento che il volume interno del Catodo può essere stimato in 0.15-0.2cc, alla pressione di 10 bar è possibile che il palladio fosse a contatto solo con aria che fungeva da “valvola di non ritorno”.

Il giorno 21 dicembre si è sostituito il Manometro con uno da 100 bar fondo scala. Dal momento che il Manometro non era nuovo, è stata verificata la corretta indicazione per raffronto con il manometro del riduttore di pressione della bombola di Idrogeno, fino a 20 bar che è il limite del riduttore.

Prima dell’inizio del test il Catodo è stato pulito (solo esternamente)  mediante mola.

Le condizioni del test erano le seguenti: 60°C, 27mA, 12.5V. Dopo 6 ore la pressione era di 4 bar come mostrato in Figura 36

Figura 36 - Manometro 100bar, pressione dopo 6 ore

Figura 36 – Manometro 100bar, pressione dopo 6 ore

Dopo 13 ore la pressione era di 14 bar come mostrato in Figura 37

Figura 37 - Manometro 100 bar, pressione dopo 13 ore

Figura 37 – Manometro 100 bar, pressione dopo 13 ore

Dopo 22 ore era 26 bar come mostrato in Figura 38 con una salita costante di quasi 1.1 bar/h

Figura 38 - Manometro 100 bar, pressione dopo 22 ore

Figura 38 – Manometro 100 bar, pressione dopo 22 ore

La corrente è poi stata ridotta a circa 20mA e la pressione dopo 36 ore era 40 bar come mostrato in Figura 39

Figura 39 - Manometro 100 bar, pressione dopo 36 ore

Figura 39 – Manometro 100 bar, pressione dopo 36 ore

e dopo 46 ore era di 50 bar come mostrato in Figura 40

Figura 40 - Manometro 100 bar, pressione dopo 46 ore

Figura 40 – Manometro 100 bar, pressione dopo 46 ore

La maggiore velocità di salita è attribuibile sia all’operazione di pulizia del catodo, sia a un minore volume del tubo di Bourdon.

Considerando un volume interno di 1 cc a questa velocità di salita della pressione corrisponde una portata di circa 1.2 cc/h. La produzione teorica di idrogeno al catodo con 27mA è di circa 11 cc/h, per cui solo il 10% di esso attraversa effettivamente il Palladio.

La pressione ha arrestato la crescita a circa 60 bar come mostrato in Figura 41

Figura 41 - Manometro 100 bar, pressione arresto crescita

Figura 41 – Manometro 100 bar, pressione arresto crescita

La corrente è stata poi ridotta a 10mA e la pressione è salita leggermente come mostrato in Figura 42

Figura 42 - Manometro 100 bar, pressione con corrente ridotta a 10mA

Figura 42 – Manometro 100 bar, pressione con corrente ridotta a 10mA

e a 5mA con una ulteriore piccola salita della pressione fino a 62 bar come mostrato in Figura 43

Figura 43 - Manometro 100 bar, pressione con corrente ridotta a 5mA

Figura 43 – Manometro 100 bar, pressione con corrente ridotta a 5mA

La tensione del Variac per il riscaldamento è stata lasciata invariata per tutto il test, per cui la temperatura della cella dovrebbe essere rimasta circa costante e pari a 60°C, anche se, per motivi di sicurezza viste le pressioni in gioco, non è più stata controllata negli ultimi 2 giorni.

Conclusioni

E’ stato ampiamente dimostrato che il fenomeno della Compressione Elettrochimica dell’Idrogeno attraverso membrana di Palladio è un fenomeno reale e che mediante esso è possibile raggiungere molto facilmente e senza particolari accorgimenti pressioni di decine di bar.

Si ritiene opportuno approfondire l’analisi per verificare se la pressione massima raggiungibile sia legata o meno alla densità di corrente sul Catodo e/o al tipo di elettrolita utilizzato come viene sostenuto dal dott. Celani.

Materiali utilizzati per il test finale:

Alimentatore stabilizzato 0-30V 10A
Tester
Termometro digitale
Saldatore 200W (per il riscaldamento)
Variac
Bombola idrogeno con riduttore 0-20 bar
Compressore 7 bar oil-free
Lana vetro per coibentazione
Manometro 0-100 bar attacco 1/4″
Bicchierino in vetro per liquore (come contenitore elettrolita)
Lastra in silicone spessore 4mm (come coperchio)
Acqua Bi-distillata
Carbonato di potassio
Filo platino d=0.25mm
Lamina palladio saldata a oro su raccordo 1/4″ in ottone
Guarnizione piana in teflon
Nastro per tenuta idraulica in teflon
Nastro autoagglomerante

Allegati:

(1) PDF di tutti i  dati raccolti manualmente su carta durante le misure
(2) PDF della pubblicazione INFN relativa al test del 2006

Filmati ripresi durante il test:

(1) Filmato del Manometro difettoso
(2) Filmato della cella finale con Manometro difettoso
(3) Filmato Anodi in Carbone
(4) Filmato Anodo di plastica conduttiva
(5) Filmato Cella finale 1 metro acqua
(6) Filmato Cella finale bicchiere
(7) Filmato Manometro 250 mbar
(8) Filmato Manometro 10 bar
(9) Filmato verifica Manometro 100bar
(1o) Filmato 24bar, I = 20mA
(11) Filmato 57bar, I = 20mA
(12) Filmato 61bar, I = 10mA
(13) Filmato 62bar, I = 5mA
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10 risposte a Esperimento di verifica della Compressione Elettrochimica dell’Idrogeno utilizzando un Catodo di Palladio

  1. lukianenko fedor ha detto:

    Volevo complimentarmi col sig. Mario per il lavoro fatto. Seguo il blog di Camillo e francamente ero portato a credere a una malafede di Celani (a un certo si supponeva la falsificazione dei risultati). Io credo che 60bar siano tanta roba e che il Dr.Celani sia quantomeno stato umanamente riabilitato (sarebbe stato tristissimo pensare a una frode). Credo che anche Camillo dovrà riflettere su sue certe prese di posizioni e anche su alcune prese di posizioni forti senza una controprova. Nutro una sincera ammirazione nel vostro modo di operare.

    • gsvit ha detto:

      Grazie per gli apprezzamenti e per la segnalazione relativa alla frase.
      Abbiamo ricevuto la sua mail che è stata inoltrata all’interessato.

    • gsvit ha detto:

      Buongiorno sig. Fedor Lukianenko,

      di seguito la risposta al suo quesito (giunto via email) in merito alla effettiva possibilità di raggiungere con questo metodo pressioni ancora maggiori (fino a 1000 bar come dichiarato da alcuni) e alla resistenza meccanica delle strutture con nanoparticelle di Arata.

      ————————————————–

      Come avrà capito preferiamo basarci su fatti e non su ipotesi. Le opinioni dei membri di GSVIT quindi contano ben poco.
      I fatti dicono che senza uso di elettroliti esotici o strane preparazioni delle superfici, con densità di corrente molto basse di pochi mA/cm2 si raggiungono pressioni di almeno 60 bar.
      Che sia possibile raggiungere pressioni di 1000 bar non vi è dimostrazione, ma nemmeno del contrario. Dopo la pubblicazione del Post il test è continuato e dopo una pulizia del Catodo, a condizioni invariate, la pressione è ripresa a salire, seppure più lentamente ed in questo momento è arrivata a 67 bar.

      Questa ripresa può indicare che l’arresto della crescita, rilevato in precedenza, era dovuto ad avvelenamento del Catodo e non al raggiungimento di una pressione limite di equilibrio elettrochimico.
      Il sistema comunque non era stato pensato per pressioni così alte, ed è possibile che la tenuta tra Catodo e Manometro, effettuata con guarnizione piana in teflon, abbia cominciato a trafilare.
      La pulizia del Catodo avrebbe aumentato il flusso ed il nuovo equilibrio tra flusso entrante e perdita si è posizionato qualche bar più in alto, però anche l’ipotesi di Camillo Franchini di essere ormai giunti all’equilibrio è perfettamente credibile ed avvalorata dal fatto che le pressioni raggiunte da Celani e da noi sono molto simili pur avendo adottato set-up molto differenti.

      Per quanto riguarda le “nanoparticelle di Arata” non conoscendo i fatti, si può ipotizzare che Arata si riferisse alla superficie del Catodo per cui, per logica, non pare che possano ridurne la resistenza meccanica.

      Cordiali saluti e Buone Feste

  2. sandro75k ha detto:

    Complimenti Mario Massa e per la competenza e per il modo di porti verso le questioni scientifiche ed umane.

    Sandro Della Penna

  3. gsvit ha detto:

    Riceviamo una serie di commenti al Post per i quali ringraziamo molto gli autori ma che, sebbene raccomandato nelle pagine di questo Blog dedicate agli “Avvisi” e al “Benvenuto” di inserire l’identità dell’autore, risultano rilasciati da utenti con “nick” in forma anonima.

    La politica adottata da questo Blog, per trasparenza nei confronti di tutti gli utenti, prevede da alcuni mesi che affinchè i commenti possano venir pubblicati, essi siano corredati da una indicazione del nome e cognome dell’autore.

    Vi preghiamo di inserire tali riferimenti all’interno del commento stesso in modo da risultare pubblicabile.

    Grazie.

  4. Bel lavoro Mario Massa. Sarei lieto se vorrai pubblicare direttamente risultati o partecipare alle discussioni che si tengono nel gruppo Facebook che amministro: https://www.facebook.com/groups/ECat.LENR/
    Ci sono circa 800 utenti internzaionali molto qualificati. E’ stato pubblicato il link a questa tua verifica della “Celani bottle” e gli è stato dato grande risalto.
    ti ringrazio per l’attenzione.
    Luigi Versaggi P.

  5. Giuliano Bettini ha detto:

    On ECW, they do not give a damn. Why?
    From ECW.
    Pekka Janhunen Giuliano Bettini
    Thanks, interesting. So they demonstrated how to obtain 60 bar hydrogen pressure by a palladium electrolysis cathode. Quick look at scholar.google.com reveals that electrochemical hydrogen pumping is known, e.g. there exist a frequently referenced paper by H. Iwaraha in 1999 (http://www.sciencedirect.com/s…. The method might have many practical applications, e.g. in electrolysis rocket (idea: store propellant as water, electrolyse it slowly into gaseous H2 and O2 in buffer tanks, burn in rocket engine when in need of thrust).

    Io ho pubblicato il link dell’esperimento su E Cat World, ma sembra che i ragazzi considerini la notizia assolutamente ovvia. Come se la polemica fosse una polemica tutta Italiana, tra galli in un pollaio tutto Italiano. Perché?

    • gsvit ha detto:

      Salve ing. Bettini,
      il fenomeno della Compressione Elettrochimica, a cui facciamo riferimento nel test, riguarda un sistema in soluzione elettrolitica a “cella aperta” basato su un Catodo cavo di Palladio, non su una membrana protonica conduttiva ceramica come descritto nell’abstract del suo link di riferimento.
      Le applicazioni commerciali della metodologia oggetto del test ci risultano essere assai meno comuni.

      • Giuliano Bettini ha detto:

        Grazie della risposta.
        PS io cercavo solo di verificare le reazioni internazionali a un esperimento che a me sembra importante. 🙂

  6. AleD ha detto:

    Complimenti per il tempo, la dedizione e il risultato interessante!
    Spero che questi setup condivisi per avvicinare alla discussione “fazioni opposte” diventino più frequenti per il vantaggio di *tutti*.

    Alessandro Dereani

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